Perchè la scelta di una moda etica e sostenibile?
La scelta dei materiali è importante per ridurre l’inquinamento provocato dalle attività industriali della moda.
L’industria del tessile e dell’abbigliamento ha un ruolo cruciale a livello ambientale perché, oltre a essere uno dei principali consumatori di acqua a livello globale, incide per circa un decimo sul totale delle emissioni di gas serra presenti nell’atmosfera.
Basti pensare che ogni anno vengono prodotti circa 80 miliardi di nuovi capi e che delle 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti tessili scartate in Europa solo un quarto viene riciclato. Inoltre, secondo una ricerca condotta dalla Commissione europea, l’80 per cento dell’impatto ambientale di un prodotto è frutto della sua progettazione, in cui si stabiliscono gli elementi costitutivi che andranno a influenzare tutte le fasi successive.
Per questo è diventato fondamentale sensibilizzare sull’importanza di scegliere fibre e tessuti ecologici in grado di ridurre l’impatto dell’intero ciclo produttivo di un capo d’abbigliamento.
Quando parliamo di moda sostenibile ed etica non possiamo trascurare le tematiche legate alle pessime condizioni di lavoro a cui vengono sottoposti i dipendenti delle fabbriche produttive in alcune zone del mondo.
La sostenibilità, in questo senso, è diventato un tema importante all’inizio degli anni ’90 quando, per la prima volta, si scoprì lo sfruttamento dei lavoratori da parte di alcuni importanti marchi di moda.
Per citare qualche esempio, nel 1992 Levi’s fu accusata di non pagare in maniera adeguata i propri dipendenti; nel 1996, toccò a Nike che, nonostante la sua campagna contro il lavoro minorile, si serviva proprio di minori per realizzare alcuni suoi prodotti; e nel 1998 finì nell’occhio del ciclone anche Adidas, accusata di sottoporre i prigionieri politici in Cina ai lavori forzati in cambio di un’esigua somma di denaro.
Questi sono solo alcuni degli avvenimenti, la lista è ancora lunga se si considerano gli scandali che sono seguiti alla nascita del fenomeno della fast fashion, ovvero quella moda in cui la produzione avviene più velocemente e al minor costo possibile in modo da cavalcare l’onda delle tendenze del momento.
Ad esempio il problema del tessuto di lusso come il puro cashmere è che ad oggi è il materiale con il più alto impatto ambientale. Purtroppo all’aumento della richiesta di questo materiale è conseguito un aumento del numero delle capre: maggior numero di capre che pascolano creando solchi sul terreno con gli zoccoli ha comportato nel tempo la desertificazione dei pascoli una volta rigogliosi. In questo modo con un eccesso di domanda la pura lana cashmere rischia di scomparire demolendo l’habitat di questa specie.
Ed è proprio in queste regioni che si stanno registrando degli inattesi danni ambientali per l’eccessiva intensificazione degli allevamenti destinati alla produzione di questa lana pregiata. Secondo dati resi noti dal governo mongolo, circa il sessanta per cento dei pascoli si è inaridito, con ampie zone trasformate in deserto. Nel 2016, il 23 per cento dei pascoli era stato danneggiato gravemente o completamente. Intanto cresce la superficie dei terreni che avranno bisogno di almeno dieci anni per riprendersi o che potrebbero non farlo mai è aumentata del cinque per cento.
Un altro problema, maltrattamento degli animali. La denuncia è stata lancia dalla Peta (People for the ethical Treatments of Animals), un’associazione animalista che sorveglia le filiere produttive. Peta ha fatto girare un video, dove si denuncia il fatto che le capre degli allevamenti cinesi e mongoli (il 90 per cento della produzione mondiale di cashmere arriva da questi due Paesi) vengono trascinate per le zampe e private del proprio manto attraverso l’uso di spazzole dotate di denti di metallo affilati. Dopo questa denuncia molte case di moda tra le quali anche un gruppo globale come H&M aveva annunciato la rinuncia a mettere sul mercato prodotti in cashmere. «La PETA ci ha informati che ci sono dei problemi per il benessere degli animali durante la produzione di cashmere e noi siamo d’accordo con loro sul fatto che si debba rimediare», aveva dichiarato un portavoce di H&M sempre al Wall Street Journal. «Sebbene il cashmere sia famoso per la sua consistenza morbida e sia conosciuto come un materiale di alta qualità, presenta delle sfide sul piano ambientale e su quello del benessere animale».
E qui nasce la nostra scelta di produrre esclusivamente una moda ecosostenibile, sostenibile ed etica. Siamo convinti che tutto il mondo della moda debba sottoporsi a un processo di cambiamento volto alla tutela delle persone e dell’ambiente. Abbiamo fatto la scelta dell’utilizzo consapevole delle materie prime attraverso la loro trasformazione in prodotti unici realizzati da nostri artigiani rispettosi della dignità del lavoro e delle persone che sono occupate.
Siamo legati alla tutela del made in Italy, sinonimo nel mondo di qualità e di valore. Proteggere la produzione italiana significa salvaguardare le competenze e le abilità dei nostri distretti artigianali e industriali che rischiamo di far scomparire. Inoltre, produrre in Italia significa anche garantire un equo compenso e diritti al personale impiegato, cosa non semplice da verificare in altri Paesi.
E qui la scelta passa ai consumatori che avranno il compito di scegliere consapevolmente i prodotti che intendono acquistare.
Come dice Vivienne Westwood “ Ciò che va bene per il pianeta, va bene anche per l’economia!”